top of page

Due storie in una fotografia (di M. D'Anna)

Una donna con un bimbo, un soldato ussaro. Forse parlano, forse tutto è già stato detto, certamente stanno vivendo la Storia.

Se osserviamo un’immagine d'epoca e vogliamo comprenderla, abbiamo bisogno di conoscere qualcosa delle vicende che ad essa sono legate. La didascalia ci riporta all'anno dopo la caduta della monarchia asburgica. L’inverno è stato segnato da tremende privazioni. L’Armata Rossa ungherese nel 1919 combatte strenuamente altre sei settimane, ma alla fine cade sopraffatta e, in agosto, Budapest viene occupata.

La didascalia può bastare a leggere la fotografia? Del resto tutto in essa appartiene alla Storia: gli abiti, le uniformi, le armi, l’angolo della stazione di Budapest, l'esistenza dei soggetti, degli alberi al di là dello steccato. Tutto corrisponde a ciò che fatalmente ci riportano tutti i documenti dell'epoca, è l'inconfutabile certezza che ciò che è stato è stato.

Eppure, forse c’è anche qualcos'altro, qualcosa che fa resistenza, c’è un'opposizione alla Storia. Questa opposizione non è la conseguenza dell'aver fermato il presente nello scatto, mentre tutto fuori continuava nel suo fluire storico. Il fermo-immagine che ne risulta non è come un palo piantato in un fiume che scorre, perché il senso dell’istante fotografato sta già affermando l’esistenza di minuti, settimane, anni.

Allora dov'è l'opposizione?

Proviamo a costruire un racconto: la donna è appena uscita da casa e tra breve vi farà ritorno da sola con il bambino. Il soldato volterà le spalle e partirà; forse è il padre del bambino e marito della donna.

L’opposizione è espressa dalla differenza degli abiti che indossano. Quelli di lui da viaggio, per dormire all’aperto, per combattere; quelli di lei per stare a casa.

L’opposizione esiste nello sguardo d’addio tra l’uomo e la donna. Siamo testimoni del momento, come il soldato con i baffi e la donna con lo scialle e, come loro, non interagiamo… C'è un'esclusione e un'esclusività nell'incontro di quei due sguardi, lo stesso bimbo è rivolto verso il padre, ha i lineamenti del viso contratti, forse sta piangendo, eppure è escluso anche lui da quell'interazione.

L'opposizione vive negli occhi della donna e ci viene da interpretarla come un'affermazione, una volontà, una sfida ad un evento riportato sui libri scolastici, ad una nozione ormai assunta e archiviata. La donna e il soldato si stanno guardando, proprio ora e, in quello sguardo, forse, c'è una storia nella Storia, una guerra nella Guerra, un'umanità che si oppone alla necessità di essere parte di un grande progetto.

Quelle persone son date per morte, i loro pensieri volati nel vento, ma c'è questa fotografia, testimone di un sortilegio fuori dal tempo che vuole la lotta tra la volontà personale e e la ragion di Stato ancora non conclusa.

(liberamente tratto da "John Berger. Fotografia e verità")

bottom of page